Pinocchio

PINOCCHIO
Storia di un burattino
di Carlo Collodi
Vi conosco, mascherine; m’avete imbrogliato una volta ed ora non m’acchiappate più!
L’io è un burattinaio, che muove il bambino a perdere la sua Santa Incoscienza di legno e divenire adulto, padre, criminale: ad acquisire un ruolo e recitarlo, identificando quello con la vita. Estinta del tutto è la dimensione del gioco. La difficoltà della traduzione da scritto a orale, o da orale a scritto, che pervade tutta l’Opera Beniana, di cui “Pinocchio” è l’esempio meglio (mis)conosciuto, è ora trasposta nella composizione di questo libricino.

Un libro che, come tutto il lavoro di Carmelo Bene nel suo percorso (super)artistico, si volge ad eludere ogni regola del buon senso comune del commercio, che pretenderebbe comodità, fruibilità, comprensibilità, tascabilità. Ecco quindi un libro “finto-tascabile”, sproporzionato, il cui corpo e conformazione, come nel caso del lavoro di Bene sulla scena, è già il contenuto. Il testo di Collodi che Bene demolisce attraverso la scrittura di scena, la partitura musicale, la phonè a microfono e la sua impossibile moltiplicazione – madre di un ascolto impossibile, qui riconvertito in “scritto, come morto orale”, viene disfatto e deformato proprio attraverso la sua stampa, la sua edizione, la sua scrittura stessa. Ci troviamo quindi di fronte ad un lavoro Artaudiano, di smarginamento della pagina, punto di partenza da cui Bene trasse la sua filosofia di svuotamento della scena dall’interno.

Un testo, quindi, in cui la forma è il contenuto: in cui la trasformazione di Pinocchio da “infanzia organica”, da burattino di legno indisciplinato e discolo, ad adulto inserito, cittadino inquadrato, che parla solo attraverso i proverbi e le frasi fatte, indifferentemente borghese davanti alla vera miseria, dallo sguardo vitreo e cupo, è reso attraverso il rimpicciolimento e l’inquadratura di un carattere che nelle prime pagine è irregolare, oltremodo grande, smisurato e che pian piano, nei 36 capitoli di Collodi, diviene sempre più misurato, leggibile, chiaro: un libro che è finalmente “morto”, “finito”; che può essere usato e consumato, a cui si può finalmente apporre un prezzo economico; come Pinocchio, cui non resta infine che il magro premio di poter trovare un posto di lavoro.










ISIA Urbino 2017/2018
MA in Comunicazione e design per l’editoria
Corso: Progettazione per l’editoria
Docenti: Leonardo Sonnoli e Irene Bacchi
Edizione: Italiano, 2 copie, 11×18,5 cm
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Pinocchio